Marco Polo torna a Venezia
Americani G., Poli S., Tinelli
L., Eddarhami M.
Marco
Polo parlava anche del padre e dello zio che viaggiavano dentro l’impero
arricchendosi con il commercio e ammucchiando gioielli e delle volte
costruivano anche macchine d’assedio per aiutare il Khan a sottomettere le
città ribelli. Il regno era fiero di Marco perché era un uomo equilibrato e
perspicace. Per diciassette anni i Polo restarono al servizio del Khan. Con il passare del tempo era
sempre più vecchio, i Polo quindi si preoccupavano
di cosa sarebbe successo alla sua morte. Khan non voleva che partissero e gli
offrì denaro. I Polo volevano andare in occidente, ma nel 1286 morì la moglie
di Khan, così Khan mandò degli ambasciatori a
Pechino per chiedere un altra sposa. Ma al ritorno trovarono una guerra
e fecero una via mare. I Polo salparono all’ inizio del 1292
dall’ affollato porto di Zaiton. Il libro dice che con loro portarono
anche la figlia del re di Mansi. La traversata fu lunga e difficile con soste a
Sumatra, a Ceylon e nell’ India meridionale dove Marco passava il tempo a
studiare le carte marittime. Passarono più di due anni prima che le giunche
raggiungessero la Persia. Quando approdarono trovarono anche Arghun, il
promesso sposo della principessa, era morto lasciando nelle mani di un reggente
il trono del figlio. Trovarono però un’ appropriata soluzione consegnando la
principessa al principe ereditario, furono Marco e i suoi parenti ad
accompagnarla nella provincia di Timochain. Qui Marco notò che donne erano le
più belle del mondo e dove gli uomini scrivevano le vicende di Alessandro il
Grande. Qui si recarono dalla principessa che, dice Marco gli amava e pianse
quando partirono. Si trovarono ancora in Persia dove si fermarono nove mesi,
quando ai Polo giunse la notizia della morte del Khan, che avevano servito per
anni.Il Khan morì a 80 anni, alla sua morte si oscurò l’Asia centrale. L’impero
di Khan era stato grande. Un ombra calò anche sul cuore di Marco Polo. I Polo
si misero in viaggio per Venezia, arrivarono alla fine del 1295. I Polo nella
città di Venezia si credevano morti infatti faticarono per entrare nel loro
palazzo.
I Polo erano mercanti di
gioielli e in Cina avevano avuto grandi possibilità
di commercio.
Il gran khan gli aveva dato rubini
e altri gioielli di grande valore. Invece che portare solo gioielli nella sua
patria, Marco Polo aveva portato altre cose per sollecitare la curiosità dei
Veneziani.
Per esempio portò alcune pelli
morbide dello yak del Tangut, la testa disseccata e i piedi di un daino
muschiato e alcuni semi di una pianta colorante presi a Sumatra, che egli
seminò a Venezia, ma per via del clima non abbastanza caldo, le piante non
crebbero. Marco, aveva portato dei doni anche per il doge poiché un inventario
degli oggetti situati nel palazzo di Marin Faliero, compilato nel 1351, include
un anello donato da Kublai Khan, una collana tartara, una spada a tre tagli, un
broccato indiano e un libro intitolato De locis mirabilibus Tartarorum,
scritto da Marco Polo.
La leggenda vuole che tutta la
gioventù veneziana si recasse alla Ca’ Polo per ascoltare i suoi racconti.
Marco Polo parlava sempre della grandezza dei domini di Kublai Khan, dei
milioni di tributi pagati, dei milioni di cavalieri, dei milioni di città e
paesi. I giovani gli diedero un soprannome e lo chiamarono scherzosamente “
Milione” o “Il Milione”. Questo nome gli rimase anche nei documenti ufficiali
della Repubblica e persino il cortile del suo palazzo fu chiamato Corte
Milione. Tornando alla leggenda, ricordiamo l’ antica rivalità tra Venezia e
Genova cresciuta durante l’assenza di Polo. Venezia, non era mai riuscita ad
avere una vittoria definitiva.
Tre anni dopo il ritorno di Marco,
alla fine del 1298, una flotta genovese guidata da Lamba Doria navigò
nell’Adriatico per abbattere l’orgoglio veneziano. I Veneziani prepararono una
grande flotta in cui partecipava anche Marco Polo, un abile navigatore.Vinsero
i genovesi al largo di Curzola. Fra i tanti prigionieri ci fu anche Marco Polo.
Furono portati nella prigione di Genova. Ben presto, si sparse la voce che
c’era un capitano di Venezia che raccontava storie meravigliose. Molto presto
gli uomini di mondo e di studio e dame genovesi fecero ressa.
In prigione con Marco Polo c’era
un pisano scrittore di romanzi, un certo Rusticano. Quando molti pisani
prigionieri furono portati a Genova nacque il detto: “ Chi vuole vedere Pisa
vada a Genova”. Rusticano scriveva in francese. Aveva già scritto dei Racconti
della Tavola Rotonda, metteva per iscritto i racconti narrati da Marco Polo
in mezzo ai prigionieri veneziani e gentiluomini genovesi.
Fonte
del testo: E. Brower “ Vita del Medioevo”