LA VIA ROMEA
 

Abbiamo tratto alcune delle notizie essenziali da: una Strada Romea detta anche di Monte Bardone o Francigena. Edizioni Delta, 1994, di Cesare Bocchi e di Giovanni Mori.

La vita degli abitanti della nostra penisola era molto povera.

Le descrizioni degli storici di un tempo non lasciano certamente dubbi.

A poco a poco, nel secondo secolo circa, i contadini avevano cominciato ad abbandonare la terra, perché non potevano reggere la concorrenza con le provincie dell’Impero, che avevano portato un sempre più frequente utilizzo dei terreni intorno alle ville come pascoli o come latifondi; tutto ciò comportò la nascita dei castelli.

Man mano che si andava avanti si perdeva l’amore per la coltivazione dei campi, e avvenne addirittura un impoverimento culturale con effetti devastanti.

Il lento ma costante degrado del potere centrale e di una classe ormai venuta ad usare modi barbari, incapace di reazioni, aveva innescato una crisi economica alla quale Diocleziano aveva tentato di porre rimedio imbalsamando un mondo oramai in rovina.

Contribuirono alla rovina della nostra Italia Attila e Genserico con i saccheggi, la presenza dei Vandali nell’Africa del Nord che, aveva tolto a Roma l’ultimo "granaio" e poi i Goti e la loro guerra con i Bizantini.

In questa povera Italia, nel 568, calarono i Longobardi, popolo nomade che viveva di razzie e saccheggi. Nessuno diede il meglio per ostacolarli.

L’esercito bizantino rimase chiuso in Ravenna, solo alcune città opposero resistenza.

Pavia, conquistata nel 572, venne eletta da Alboino capitale del nuovo regno.

Proiettandosi verso Sud, l’espansione longobarda si estese in Toscana, a Spoleto e a Benevento, elette a Ducati.

Rimasero fuori dalle conquiste longobarde Venezia, il Sud d’Italia, Roma, la Liguria e la testa di ponte bizantina di Ravenna, che comprendeva la fascia costiera adriatica fino ad Ancona e, verso l’interno, da Rimini arrivava, con incerta definizione di confini, fino a Modena.

Bisogna certamente precisare che, i Bizantini, legittimi proprietari della corona d’Oriente si ritenevano proprietari anche di quella d’Occidente, in contrasto con il Papa.

La concessione al Papa della corona d’Occidente era stata fatta da Costantino.

I Longobardi, occuparono le zone interne, lasciando ai Bizantini quelle costiere.

Alboino si preoccupò soprattutto di consolidare il possesso del territorio imponendo i propri duchi e le proprie leggi primitive, che ben poco avevano da spartire con il diritto romano, ostentando distacco ed indifferenza per le vecchie strutture imperiali e per le genti latine, con le quali il suo popolo mai si integrò completamente.

In quel periodo la strada di Monte Bardone divenne importante per i collegamenti tra longobardi tra il nord e il centro d’Italia.

La Via Emilia, che scendendo verso sud dopo Parma correva in territorio Bizantino, era più lunga rispetto ad oggi e in cattive condizioni.

Il Passo della Cisa era un Passo naturale che abbreviava il percorso verso la Toscana, senza presentare difficoltà.

Esso era stato probabilmente usato anche in epoca romana da quelli che viaggiavano senza carri.

La prima preoccupazione dei Longobardi forse fu il riassetto del fondo stradale e la costruzione di fortilizi che garantissero la sicurezza delle comunicazioni. Essa, infatti, avrebbe potuto risentire di una presenza bizantina nei due versanti dell’Appennino, motivata dalla necessità di mantenere, il collegamento di Ravenna con la Liguria, detta allora "Maritima", essendo la via per mare troppo lunga.

Il quadro della situazione italiana era desolante: città diroccate e spopolate, incapace di collegamento con il territorio circostante: castelli stremati a causa delle razzie dei barbari.

I vecchi padroni erano stati sostituiti quasi ovunque dalle nuove gerarchie longobarde, preoccupate soprattutto di spremere qualsiasi forma di reddito.

Col consolidarsi del potere dei conquistatori si ebbero segnali di miglioramento.

L’Editto di Rotari, che diede al suo popolo le prime leggi scritte, fu un segno dell’incivilimento che il contatto coi Romani aveva favorito. Un altro passo avanti fu la conversione al Cristianesimo. Nacquero così numerosi monasteri col favore dell’autorità regia.
 
 Il monachesimo aveva avuto in Occidente le prime manifestazioni nel quarto secolo, soprattutto in Francia; nel quinto e nel sesto trovò una sua espressione anche in Italia con San Benedetto ed ebbe grande espansione anche in epoca longobarda, in particolar modo con Teodolinda e Liutprando.

I monasteri divennero mandatari di autorità anche civile; la politica longobarda tendeva a delegarli alla gestione del territorio.

Non dovevano essere pochi coloro che chiedevano di essere accolti in quelle comunità ove, oltre che elevarsi spiritualmente, ci si poteva acculturare, si trovavano lavoro e sicurezza e si riusciva a conciliare il pranzo con la cena, pur nella talvolta esasperata rigidità della "regola".

A circa duecento anni dalla discesa dei Longobardi in Italia qualcosa era cambiato; forse un cambiamento avvenne anche nei frequentatori della strada di Monte Bardone: a militari, religiosi e politici si aggiunsero, più numerosi, i mercanti e fece capolino la figura del pellegrino che, nei secoli successivi, sarà presente, sulle strade d’Italia e d’Europa dirette verso i centri di culto della cristianità.

Il fenomeno dei pellegrini era favorito dalla Chiesa che ne faceva anche benefici di carattere economico. Senza dubbio Essa dava a spiriti ingenui di gente disperata una speranza che li rendeva disponibili a qualsiasi sacrificio pur di imboccare una strada che avrebbe potuto portarli alla salvezza.

Quando si parla di strade dell’ottavo secolo, non si può pensare alla grande viabilità romana, che, era andata in gran parte perduta. Erano rimasti soltanto sentieri o poco più, larghi al massimo tre metri, col fondo in terra battuta integrato con pietre; il paesaggio agricolo era in stato di abbandono.

Forse anche per questo negli itinerari romei riconosciamo tanti percorsi alternativi che probabilmente coesistevano e consentivano al viandante di scegliere quello più agevole.

La riorganizzazione del territorio era ancora lontana.

Andava prendendo corpo una società feudale organizzata intorno a castelli e monasteri, veri protagonisti della vita di quel tempo, ma incapaci di uscire dai propri confini e di riallacciare rapporti con le città spopolate.

A Fornovo, nell’ottavo secolo, potevano essere utili all’attraversamento del Taro i resti di un antico ponte romano di cui viene data per quasi certa l’esistenza.

Da Fornovo si saliva alla località "Le Caselle", ci si inoltrava in Val Sporzana e, attraverso Sivizzano, Bardone, Terenzo, Casola, Cassio, si raggiungeva Berceto, la Cisa, San Benedetto e Pontremoli.
 
Abside e muro perimetrale della chiesa romanica di San Giorgio  all'ingresso nord di Pontremoli

Il centro in riva al Taro divide il percorso Fidenza – Berceto in due tratti di circa 30 km, considerata la percorrenza media di una dura giornata di cammino.

Il dominio longobardo volgeva ormai al termine. La visita del Papa Stefano II a Pipino, le due vittorie in Italia del Re franco su Astolfo ed i contrasti di Desiderio col Papato per il possesso della Pentapoli, sfociarono nella discesa di Carlo Magno, che sconfisse l’esercito longobardo alle chiuse di Val di Susa e così ebbe via libera per la Penisola.

Carlo Magno era succeduto al padre Pipino nella guida dei Franchi, un popolo che proveniva dal Basso Reno e che aveva abbracciato la religione cristiana.

Carlo amava spostarsi ed esercitava personalmente molti controlli, ma soprattutto attraverso i "Missi dominici" accertava l’onestà e l’equità di marchesi, conti, vescovi, abati e di tutti coloro che dovevano rendergli conto del proprio operato.

Comunque la situazione generale non cambiò molto nel periodo carolingio: le città erano spente, prive di stimoli, i castelli e i monasteri restavano confinati in un sistema economico circoscritto alle singole unità produttive.

Anche le strade probabilmente restarono come erano in periodo longobardo e soltanto quelle inserite negli itinerari dei pellegrini, furono forse oggetto di maggiori cure.

Gran parte del territorio estraneo all’interesse immediato delle nuove realtà rimase in uno stato di completo abbandono.

Questa situazione si aggravò con la dissoluzione dell'Impero Carolingio a cui seguì una frammentazione dell'assetto politico, basato sul sistema curtense, unico mezzo di resistenza ad una nuova ondata di invasioni.

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