Il
brano è di Charles Hamilton.
Parla dei giochi dei bambini del popolo indiano di Sioux, ma in realtà
non erano giochi, ma era le esercitazioni di quello
che i ragazzi avrebbero dovuto fare da grandi.
Erano esercizi di preparazione all’uso degli archi e delle frecce, poi
erano corse a piedi e a cavallo, la lotta, il nuoto e l’imitazione di usanze e
i modi di fare dei genitori. Uno dei giochi più curiosi degli indiani era la
caccia agli alveari delle api selvatiche. Fingevano in realtà di attaccare le
tribù nemiche. Si dipingevano ed andavano quatti a
fare gli assalti, con lo scopo di distruggere gli alveari. Al termine
organizzavano una danza. Quando uno di questi ragazzi assalitori fece la prima esperienza,
con lui vi era un bambino ed un altro, ma forse troppo piccolo per andare agli
assalti. Se si uccideva un nemico era usanza di questo
popolo di urlarlo a voce alta e i tre ragazzini facevano uguale agli adulti. Un
bambino chiamato Piccola Ferita, essendo piccolo all’alveare arrivava solo dopo
che era stato fatto a pezzi, e gli insetti se n’erano impadroniti e lui per non
essere definito tonto non si muoveva e urlava che sarebbe stato lui ad uccidere il crudele nemico. Ad
un certo punto, un giorno, un ragazzo lì vicino gli urlò di tuffarsi nel lago
lì accanto e lui ci si buttò. A fine assalto Piccola Ferita
non lo fecero partecipare alla danza perché era considerato morto ed era seduto
su un albero a pensare di essere un combattente caduto per il paese e pensava
solo a quell’idea di debolezza che in futuro gli sarebbe tornata in mente.
Esistevano però anche dei giochi tranquilli tra cui la battaglia delle
palle di neve. D’inverno la tribù di Sioux slittava con non vere slitte ma bensì con sei o
sette costole di bufalo legate insieme alla più grossa. A volte si usavano le
cortecce di tiglio e i ragazzi si appollaiavano sopra un’estremità e
l’altra rivolta per scivolare. Giocavano anche a viso pallido, guardando le
facce delle persone che portavano a barattare merci in cambio che i Sioux gli
davano pellicce. Di giorno qui mercenari non vestivano
coperte, ma giacca e pantaloni ed avevano sulla faccia i capelli lungi e sul
capo li avevano corti. Essendo fissati con gli uomini “bianchi” pitturavano
alcuni di loro e mettevano alcune pellicce intorno al collo per farli più
assomigliare. Le mercanzie consistevano in sabbia al posto dello zucchero,
fagioli selvatici per caffè, foglie secche per te, terra polverizzata per
polvere da sparo, sassolini per pallottole, acqua pura per acqua
da fuoco. Compravano con pelli di animali e penne di uccelli.
A nuoto se
non c’erano cavalli lo facevano da soli e poi facevano zattere tra loro e
attraversavano così i fiumi. Era una cosa piuttosto brutta spingere giù e far
bere un piccolo bambino e lasciare che se la cavasse da solo.
I ragazzi più grandi mettevano i più piccoli su dei pezzi di arbusto e
li spingevano nella corrente dei fiumi. Il pensiero di un bambino fu di avere
paura a rimanere retto su un tronco che si muoveva e a salvarsi dal naufragio e
raggiungere la riva.
Indice Fabio,
prima b.