L’omino grasso

Peter Godfrey

Di solito, un caso del genere non é ma così importante da essere sottoposto all’interesse dell’ispettore Joubert. Tuttavia era talmente sconvolto e deciso nel volere che il suo problema dovesse essere risolto dal capo, che il sergente Coetzee, lo portò di sopra. L’ispettore Joubert stava bevendo del té in compagnia dello zio e del sergente Johnson. Lo sconosciuto rifiutò il té e si sedette sulla poltrona che gli veniva offerta. Si chiamava Jefferson Carlisle. Era evidente quanto fosse ansioso e Joubert, divertito e irritato chiese: -Allora, cosa c’è signor Carlisle?
L’uomo, con sollievo, rispose: -Ispettore, sono perseguitato.
Joubert chiese: - Davvero? E il fantasma com’è?
-E’ un omino grasso che porta degli strani occhiali. Mi perseguita da mesi e non è un fantasma. Finchè ero in viaggio, non mi ha dato noia, ma ora che dovrò stare in città per un mese, non mi piace affatto. Se non fosse per tutte quelle lettere, penserei al solito seccatore.
-Un momento, perchè non ci raccontate la storia dall’inizio?- lo interruppe Joubert.
-Vivo in un appartamento a New York, in una zona tranquilla: quella mattina, ero al piano di sopra a scrivere una lettera, quando, attraverso la finestra aperta, fu lanciato un sasso; ne fui piuttosto spaventato. Qualcuno ci aveva legato un pezzo di carta.
Dal portafoglio tirò fuori un foglietto: non era firmato; la data era quella del New York Times del 21 agosto. C’era scritto: <<Dimentica quello che ha visto ieri, i ricordi ti saranno fatali, ti tengo d’occhio>>. Joubert chiese: -A cosa si riferisce?
-E chi lo sa? Prima ho pensato che fosse solo uno scherzo, poi sono andato alla finestra e mi sono affacciato: c’erano quattro persone. Oltre a due signore bionde che parlavano e un poliziotto, c’era un omino con un bastone da passeggio: era lì immobile, che fissava il vuoto e quando mi sono allontanato dalla finestra, avevo la sua immagine ben fissa in mente. Ad un certo punto, fui assalito dall’idea che dovevo viaggiare per un paio di mesi. Dopo il volo in aereo, quando fui sceso a Heathrow, ho visto un signore che mi ha fatto gelare il sangue: era l’omino grasso. Pensavo fosse una coincidenza, finchè non ho trovato questo biglietto nella mia camera in albergo.
Consegnò un altro foglietto dove c’era scritto: <<Chi parla muore>>. –Avevo subito cambiato albergo e mi trasferii a Carlsford e dopo una settimana, con la posta, mi è arrivata una lettera che diceva: <<Ricordati di non parlare>>, ero già spaventato, quando vidi l’omino a colazione: chiesi al cameriere come si chiamasse e lui rispose che si era
registrato come Rufus K. Heidelberg di New York, camera 304.
L’ispettore chiese: -Perchè non avete portato le lettere alla polizia?
-E’ che io l’avevo presa per una sfida: mi chiedevo per quanto tempo ancora mi avrebbe seguito, in ogni caso decisi di proseguire il viaggio.
Carlisle disse di essere andato a Parigi. Lì, disse che vide in un taxi l’omino, che lo fissava dal finestrino. Il giorno dopo, affittò una macchina e si diresse verso sud. Dopo essere arrivato a Marsiglia, trovò in albergo un altro foglio con scritto una data. Quattro ore dopo Carlisle si era trovato in viaggio per Suez: alla stazione del Cairo aveva trovato una lettera dove c’era la data di un giornale del giorno prima. Era riuscito a trovare la lista di tutti i passeggieri e tra quelli c’era Rufus K. Heidelberg: -Avrei dovuto affrontarlo: ma cosa avrei fatto se l’uomo avesse negato di essere l’autore delle lettere? Escogitai un piano. Presi un aereo per Zurigo, per Francoforte, per Roma e per Tripoli, dove ho preso un altro aereo diretto a sud. Sono sbarcato a Kano, quindi sono andato fino a Nairobi. Dopo essermi riposato, ho preso un aereo fino a Johannesburg. Per due settimane niente lettere e nessun omino grasso. Sono andato in taxi fino all’hotel Crayle. Alla ricezione, mentre firmavo il registro, nelle altre firme c’era lui: Rufus K. Heiderberg. Uscii subito dall’albergo, cercando di dileguarmi. Trascorsi la notte con dei vagabondi al Park Station; il giorno dopo sono partito per Durban senza prenotare. Arrivato, sotto un altro nome, andai in barca fino a Port Elizabeth, continuai, sotto un altro falso nome fino a Città del Capo  e lì
prenotai all’Hilldene Hotel, con un altro nome: Jackson. Stamattina ho trovato questa lettera.
Consegnò a Joubert una busta con dentro un biglietto dove c’era scritto: <<Dimentica tutto>>. –E Heiderberg l’avete visto?, chiese Joubert. –No, ma è nel mio Hotel.
Rolf domandò: -Signore, perché ha cambiato idea e ora si è rivolto alla polizia?
Carlisle disse: - Finora sembrava un gioco, ma i giochi finiscono e questa lettera mi ha scosso parecchio, se sapessi che cosa vuole sopporterei la cosa, ma così mi sta distruggendo e allora sono costretto a rivolgermi alla polizia. L’ispettore disse: -Vediamo quello che si può fare.
Intanto contattato il direttore dell’Hilldene Hotel, tornò e consegnò un mazzo di chiavi a Johnson e gli disse: -Riaccompagna il Signor Carlisle all’albergo con la mia auto, le lettere le tengo io e portami qui Heiderberg che é nell’atrio dell’hotel.
-D’accordo. Disse Carlisle, allontanandosi fuori dalla stanza insieme a Johnson. Johnson fu di ritorno dopo venti minuti insieme a un omino grasso. Era Heiderberg, vestito molto bene, tipico dell’uomo d’affari americano, ma i modi e il comportamento erano tipici di un gentiluomo prussiano. Heiderberg chiese: -Perchè mi avete portato qui? Il passaporto é a posto no?
-Non proprio. Rispose l’ispettore, che intanto si era preparato una lista di date e luoghi presi dalle lettere di Carlisle.
-Vorremmo farvi delle domande. Riprese l’ispettore, leggendogli ad alta voce i vari punti della lista.
-Confermate di essere stato in questi posti e in quelle date e  spiegarmi il perché?
Heiderberg, nonostante il sorriso di benevolenza, si intravedeva che era preoccupato: -Si, io sto viaggiando in giro per il mondo, in quanto la mia azienda di New York, non ha bisogno della mia presenza fissa e non essendo sposato, ho deciso di divertirmi. C’è qualcosa di male in questo?
-No, però abbiamo ricevuto delle lamentele perché sembrerebbe che voi, stiate seguendo una persona.
-Ma io non sto seguendo nessuno.
Irritandosi, l’ispettore rispose: -Se vi trovavate in quei posti in quelle date, sicuramente stavate seguendo la persona che si è lamentata.
-Ma la persona di cui parlate vi ha dato dei motivi per cui dovrei seguirla? Io non seguo proprio nessuno.
-E allora perché avete spedito questi messaggi?
-Io non ho spedito niente del genere, mi state forse accusando? Vi saluto dunque. Si alzò bruscamente e se ne andò. Joubert, girandosi verso lo zio Rolf, gli chiese: -Cosa ne pensi zio?
Lo zio assumendo un aria pensierosa, disse: -Non mi piace, le coincidenze non sono sufficienti ad accusare Heiderberg. Un uomo non ne insegue un altro per migliaia di chilometri senza motivo.
Il sergente disse: -Il vecchio avvoltoio sente odore di sangue.
Rolf rispose: -Forse, ma in quelle lettere c’è una minaccia di morte.
L’ispettore disse: -Questa storia non mi piace, spedirò un telegramma a New York per avere informazioni su Hederberg e Carlisle.
Rolf gli rispose: -Chiedi anche se sanno cosa è successo in agosto, in quanto spiegherebbe perché un uomo minaccia di ucciderne un altro.
La risposta arrivò il giorno dopo, spiegando dettagliatamente chi fossero Heiderberg e Carlisle, mettendo in luce un crimine non risolto a Makin Lane, New York, verso le quattordici e trenta del 20 agosto, nessun indizio, nessun testimone e nessuna connessione tra Heiderberg e Carlisle, la vittima, una ballerina, strangolata in pieno giorno. Joubert passò il telegramma a Rolf e in quel momento squillò il telefono. Era Carlisle: -Ho ricevuto un’altra lettera.
-E cosa dice? –Solo tre parole: <<Hai parlato dunque>>.
Joubert domandò: -Avete mai sentito parlare di Makin Lane? –Si, é una strada senza uscita, dietro il garage dove io parcheggio la macchina e ci passo tutti i giorni. –E ci siete passati anche il 20 agosto? E a che ora? –Si, sicuramente verso le quattordici e trenta.
Joubert continuò: -Ascoltate, credo di sapere perchè Heiderberg vi seguisse, rimanete dove siete.
Appena imboccata la via dell’albergo, capirono che era successo qualcosa. Una persona stava urlando e camerieri e ospiti affollavano l’atrio dell’albergo. Appena l’ispettore si presentò davanti al direttore, questi esclamò: -E’ stato ucciso un uomo nella camera 77, con un colpo di pistola. Facendosi strada tra la folla di curiosi, arrivarono nella stanza e lì trovarono Carlisle che si alzò per salutarli, ma il volto era segnato dalla tensione. Heiderberg invece taceva sul tappeto a faccia in giù, Carlisle disse: -Ha bussato e quando gli ho detto di entrare mi ha minacciato con il coltello, meno male che mi avevate avvisato e quindi avevo una pistola a portata di mano. Rolf disse: -Povero omino grasso e Carlisle: perché povero? Cosa volete dire?
-Che non siamo riusciti a salvarlo in tempo, ma l’assassino pagherà.
-Assassino? Ma vi ho detto che l’ho ucciso io per difendermi, non si tratta di omicidio.
Joubert, che si sentiva a disagio: -Senti zio… disse a Rolf.
-No, ascolta tu Dirk, ti ricordi della tabella degli orari che hai preparato? Avevi ragione a pensare, che se due persone si trovavano in tutti quei posti e a quelle ore, non poteva trattarsi di una coincidenza. Quindi hai pensato che uno inseguisse l’altro, in questo caso Heiderberg, che seguisse Carlisle. Ma non poteva essere il contrario? Dopo aver interrogato Heiderberg, ho pensato plausibile la seconda alternativa.
Carlisle era molto irritato, ma si sforzò di parlare con calma: -Mi dispiace di contraddirvi, ma ci sono due cose che voglio ricordarvi, la prima riguarda le lettere.
Rolf gli rispose: -Si, é possibile che Heiderberg ve le abbia scritte, come è possibile che vi stesse seguendo, ma è altrettanto possibile che ve le siate spedite e che foste voi a inseguire lui.
Carlisle era carico di rabbia: -Ditemi, dove sono le prove? E perchè avrei dovuto spedirmi le lettere e consegnarle alla polizia?
Rolf gli rispose: -Ve lo dico io, voi avete ammazzato una ragazza a Makin Lane e mentre la stavate uccidendo, in quel mentre é passato un omino grasso che guardava nella vostra direzione. Si trattava di una coincidenza e magari non vi aveva neanche notato, ma voi non eravate sicuro e quindi avete deciso di seguirlo, finchè era in vita era l’unico che poteva trovare il nesso tra voi e la vittima, quindi doveva morire.
-Avete una bella immaginazione! Sono solo supposizioni, non avete la minima prova, vi ho raccontato i fatti, mi ha minacciato con un coltello e io lo ho ucciso per difesa! Replicò Carlisle.
Rolf domandò: -Avete toccato il corpo?
-No.
-Allora, Carlisle, vi siete autocondannato, ve lo dico io come sono andate le cose: voi siete riuscito ad attirare in questa stanza il povero Heiderberg e non essendo un tiratore provetto come volete far credere, l’avete fatto sedere su una sedia prima di sparargli, poi avete tirato via la sedia, affinchè la vittima crollasse sul pavimento e gli avete messo il coltello in mano.
-Ancora supposizioni!
-No, Dirk ti ricordi quando Heiderberg si sedette nel tuo ufficio, come tirò su i pantaloni, mettendo in mostra le caviglie a causa dei calzini troppo corti, esattamente come ora e questo poteva succedere solo per due cose, o perchè Heiderberg si era seduto su una sedia, o perchè era stato sollevato per le caviglie, quindi Carlisle mente…
Carlisle stava per afferrare la pistola sul tavolo ma venne bloccato da Rolf che gli disse: -Posso capire un omicidio passionale, ma non un omicidio come quello che avete commesso voi e se ora voi prendete in mano quella pistola l’ispettore vi ucciderà all’istante. E’ giusto che voi paghiate per il crimine commesso, dovete essere condannato affinchè l’omino grasso sia vendicato.

Lara  Corradini Martelli.

 

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